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Venerdì Santo... Ma qual è il significato di questa celebrazione?

Una riflessione che snocciola il contenuto della celebrazione della Passione del Signore... quella delle tre del pomeriggio, per intenderci!


SOLO LA CROCE TOGLIE OGNI DUBBIO



Solo un Dio sale sul legno ed entra nella morte perché là va ogni suo amato. Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie ogni dubbio. Qualunque uomo, se potesse, qualunque potente, se ne avesse la forza, scenderebbe dalla sua croce. Solo un Dio non scende dal legno.


INTRODUZIONE

Il triduo è un’unica celebrazione che comincia il giovedì con la messa in Coena Domini e termina con la veglia Pasquale del sabato (infatti si comincia col segno della croce al giovedì sera, e si termina con la benedizione al sabato sera, le altre celebrazioni nel mezzo non salutano né congedano l’assemblea, perché è un’unica celebrazione.

La CELEBRAZIONE del venerdì pomeriggio è caratterizzata da TRE MOMENTI forti:

1. L’annuncio della morte del Signore

2. L’adorazione della Croce

3. La preghiera universale

Non è una messa, è una celebrazione strutturata come un Vespro.

 DALL’INIZIO FINO ALL’ANNUNCIO DELLA MORTE DEL SIGNORE
  • · All’inizio il sacerdote spiega che cosa siamo venuti a fare, spiega il SENSO DELLA CELEBRAZIONE, con queste parole o simili:

Ci troviamo raccolti a commemorare e rivivere la passione del Signore. La Chiesa contempla il suo Sposo che, morendo, si offre vittima al Padre per liberare tutta l’umanità del peccato e della morte. Noi adoriamo in questa celebrazione il mistero della nostra salvezza e disponiamo il nostro cuore nella fede e nel pentimento perché possiamo essere raggiunti, guariti e santificati dal sacrificio di Cristo Redentore.

  • · Dopodiché la celebrazione vera e propria è introdotta dal RITO DELLA LUCE, per dire a Dio che lui è la nostra luce, lui solo, e che lui solo può rischiarare le nostre tenebre, lui solo può liberarci.

O Dio, tu sei la mia luce.

Dio mio, rischiara le mie tenebre.

Per te sarò liberato dal male.

Dio mio, rischiara le mie tenebre.

O Dio, tu sei la mia luce.

Dio mio, rischiara le mie tenebre.

  • · A questo punto, come in ogni vespro, si canta l’INNO che, in questo caso, descrive il mistero che stiamo celebrando.

  • · Seguono, poi, DUE LETTURE PROFETICHE, tratte dal Libro di Isaia, che profetizzano, appunto, la passione del Signore.

Ecco qui alcuni stralci, se possono servirci: Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, /le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;/non ho sottratto la faccia/agli insulti e agli sputi. /Il Signore Dio mi assiste, /per questo non resto svergognato,/per questo rendo la mia faccia dura come pietra,/sapendo di non restare confuso. (dalla Prima Lettura)

Non ha apparenza né bellezza/per attirare i nostri sguardi,/non splendore per poterci piacere./Disprezzato e reietto dagli uomini,/uomo dei dolori che ben conosce il patire,/come uno davanti al quale ci si copre la faccia;/era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima./Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,/si è addossato i nostri dolori;/e noi lo giudicavamo castigato,/percosso da Dio e umiliato./Egli è stato trafitto per le nostre colpe,/schiacciato per le nostre iniquità./Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;/per le sue piaghe noi siamo stati guariti./Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,/ognuno di noi seguiva la sua strada;/il Signore fece ricadere su di lui/l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare/e non aprì la sua bocca; Era come agnello condotto al macello,/come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,/e non aprì la sua bocca./Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;/chi si affligge per la sua posterità?/Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,/per la colpa del mio popolo fu percosso a morte./Gli si diede sepoltura con gli empi,/con il ricco fu il suo tumulo,/sebbene non avesse commesso violenza/né vi fosse inganno nella sua bocca./[…] Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,/vedrà una discendenza, vivrà a lungo,/si compirà per mezzo suo la volontà del Signore./Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce/e si sazierà della sua conoscenza. (dalla Seconda Lettura)

Come possiamo vedere, il mistero della croce non è mai separato dal quello della resurrezione. Cristo non è venuto a toglierci la sofferenza, e nemmeno a spiegarcela, è inutile che proviamo a cercarlo, in nessuna pagina della Bibbia è scritto perché si soffre, ma nel Vangelo ci viene detto che Gesù semplicemente l’ha vissuta e continua a viverla con noi. Solo in Lui, con Lui, e per Lui possiamo trovare un senso al dolore. Perché Lui ci ha mostrato che la croce non è l’ultima parola, che “splendevano già le prime luci del sabato”, che la croce ha una fine, è racchiusa in un tempo ben delimitato, la risurrezione, invece, è per sempre.

C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo. "Da mezzogiorno fino alle tre dle pomeriggio, si fece buio su tutta la terra”. Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. (don Tonino Bello)

  • · A questo punto viene proclamato il VANGELO DELLA PASSIONE e Morte di Gesù, nella versione di Matteo. Si inizia a leggere nel punto in cui ci si era fermati la sera prima (vedete la continuità? A conferma del fatto che il Triduo è un’unica celebrazione).

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

  • · Arrivati a questo versetto del Vangelo, si spegne ogni luce, tutti s’inginocchiano e le campane annunciano la morte del Signore; non suoneranno più fino all’annuncio della Risurrezione. È il momento in cui si spoglia l’altare.

La SPOLIAZIONE DELL’ALTARE è un gesto molto forte, è un segno che indica Cristo che, sulla croce, si spoglia di tutto.

Cristo sulla croce non si è tenuto più nulla per sé. Cristo sulla croce ci dà Dio. Gesù si svuota anche di Dio, quando grida «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Era bello questo Uomo-Dio ridotto per amore a cencio, a vergogna, «al nulla». […] Aveva dato tutto. Una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione rivelando la Verità. Testimoniando il Padre, promettendo lo Spirito Santo e facendo ogni sorta di miracoli d’amore. Tre ore di croce, dalla quale ha dato il perdono ai carnefici, ha aperto il Paradiso al ladrone, ha donato a noi la Madre e, finalmente, il suo Corpo e il suo Sangue, dopo averceli dati misticamente nell’Eucarestia. Gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, la dolcissima e ineffabile unione con Lui, che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale Figlio di Dio, e tanto regale in croce, questo sentimento della presenza di Dio doveva scendere nel fondo della sua anima, non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui col quale aveva detto di essere uno: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10, 30). L’amore in Lui era annientato, la luce spenta, la sapienza taceva. […] Per farci figli di Dio si privava del sentimento d’essere Lui stesso figlio di Dio. […] «L’annichilimento – scrive R. Guardini – è tanto più profondo quanto è più grande colui che ne è colpito. Nessuno è morto così come è morto Cristo, perché egli era la stessa Vita. Nessuno è stato colpito per il peccato come Lui. Nessuno ha sperimentato la caduta nel perfido nulla come Lui, fino a quella tremenda realtà che si cela dietro le parole “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Si faceva dunque nulla per far noi partecipi al Tutto; verme della terra, per far noi figli di Dio. Eravamo staccati dal Padre. Era necessario che il Figlio, nel quale noi tutti eravamo rappresentati, provasse il distacco dal Padre. Doveva sperimentare l’abbandono di Dio, perché noi non fossimo mai più abbandonati. […] Amava da Dio! Con un amore grande come Dio. […] Egli ha assunto la morte; dunque la morte deve essere Qualche cosa di più di un tramonto nel vuoto assurdo. Egli ha assunto di essere abbandonato; dunque la tetra solitudine deve racchiudere in sé anche la promessa di una felice vicinanza divina. Egli ha assunto la mancanza di successo. Dunque la sconfitta può essere una vittoria. Egli ha assunto di essere abbandonato da Dio. Dunque Dio è vicino anche quando noi pensiamo di essere da Lui abbandonati. Egli ha assunto tutto, dunque tutto è redento. (CHIARA LUBICH, Il grido, Città Nuova, Roma, 2000, pp. 37-46)

  • · Un GRANDE SILENZIO cala sulla chiesa; poi la lettura prosegue con tono di voce più sommesso.

I doni più grandi che ci ha fatto Gesù sulla croce sono quel sangue e quell’acqua che escono dal suo fianco squarciato. Sangue ed acqua che, oltre ad essere i segni rispettivamente dell’Eucarestia e del Battesimo, sono anche il simbolo di un’umanità nuova che nasce dal fianco di Cristo, così come dal fianco di Adamo nacque la donna, qui ora nasce una nuova creatura.

Gesù ce l’aveva detto: “Chi ha sete venga a me e beva” (Gv 7, 37). Gesù è la sorgente, la nostra sorgente. L’aveva detto anche alla Samaritana: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4, 10). Adesso sì che tutto è compiuto. Adesso si è compiuto la ragione profonda per la quale Gesù è venuto al mondo… sì… ma…

Abbiamo detto che Gesù si è spogliato di tutto.

E tutto, vuol dire TUTTO.

Quand’è che sgorgano sangue e acqua? Quando ormai Gesù è morto. Ciò significa che Lui non ha nemmeno avuto la possibilità di veder compiuta la sua opera! Si è spogliato anche della soddisfazione di vedere dei risultati (questo è tanto importante per gli educatori!).

Mio Gesù – disse Francesco – tu hai sofferto per me perché tu mi hai amato e mi hai amato perché hai sofferto per me. mi hai amato gratuitamente. Il tuo amore non aveva alcuna utilità, o finalità. Non hai sofferto per redimermi, ma per amarmi e perché mi amavi. Non hai altre ragioni se non quelle dell’amore. La ragione della non ragione dell’amore si chiama gratuità. Mi hai portato attraverso i tempi eterni come un sogno dorato. Ma, arrivata l’ora, tutti i segni svanirono e mi hai amato con la concretezza di quei chiodi neri, di quelle gocce di sangue rosso. Dove c’è amore, non c’è dolore. Mi hai concepito nell’amore, nell’eternità e mi hai generato nel dolore di un pomeriggio oscuro. Da sempre e per sempre mi hai amato gratuitamente. (IGNACIO LARRAÑAGA, Nostro Fratello d’Assisi, Edizioni Messaggero Padova, 1979, p. 327)

 L’ADORAZIONE DELLA CROCE
  • · Il sacerdote si porta alla sacrestia oppure a un luogo predisposto, dove viene collocata la croce e, a nome di tutti, attraverso un’ORAZIONE chiede al Padre che la croce di Suo Figlio ci renda liberi.

  • · Dopodichè, Si forma la PROCESSIONE per portare la croce all’altare lungo la corsia della navata centrale. Si fanno tre soste di adorazione; in fondo alla chiesa al centro della chiesa e prima di arrivare all’altare.

  • · Ad ogni sosta si canta: Ecco il legno della croce, al quale fu sospeso colui che è la salvezza del mondo. Il popolo risponde Venite, adoriamo.

Ma davvero ADORIAMO una statua?!

Il termine adorazione si usa solo per l’Eucarestia e per la Croce al venerdì santo. Nella croce adoriamo la persona di Cristo che ci ha amati fino a darci la vita con la sua vita offerta. Adorare è rendere grazie all’ennesima potenza per l’immenso dono d’amore che abbiamo ricevuto.

Infatti, nell’etimologia di ADORARE leggiamo “Bocca a bocca” - AMARE SMISURATAMENTE, BRAMARE CON INTENSO DESIDERIO.


LA PREGHIERA UNIVERSALE
  • · Si compone di 11 INTENZIONI, in cui si prega per le necessità della Chiesa e nel mondo.

All’ambone viene letta l’intenzione di preghiera. Poi il sacerdote, dopo un breve momento di silenzio, con le braccia allargate dice l’orazione. Per tutto il tempo della preghiera universale i fedeli possono rimanere in ginocchio o in piedi.

Di solito è una parte che a noi sembra noiosissima! Invece ha un significato bellissimo e profondo: nel giorno culmine della nostra salvezza, osiamo rivolgere a Dio tutte le preghiere che portiamo nel cuore, certi della potenza del Suo amore, certi che su quella croce Dio può dare compimento ad ogni desiderio di bene che portiamo nel cuore, per noi, per chi amiamo, per l’umanità intera. È una grande espressione di fede. L’espressione di chi crede che Dio salva il mondo abbassandosi ed umiliandosi, e che proprio in quell’abbassamento è Dio alla massima potenza: nell’abbandono, infatti, Gesù appare più Dio che mai!

La celebrazione, a questo punto, si conclude con un’orazione letta dal celebrante, nella quale si chiede a Dio la capacità di accogliere gli insegnamenti che ci vengono dalla Passione di Gesù.

Tutti sono invitati a recarsi presso la croce, per la personale adorazione.

È un segno molto bello per dire: «Io ci sto, ci metto la faccia, voglio dirti grazie personalmente Signore, un po’ mi imbarazza, ma mi metto nel solco dei “discepoli dai piedi sporchi”, perché ho bisogno che sia tu a lavarmeli!»

  • · A questo punto comincia un TEMPO FORTE DI SILENZIO, che si concluderà con l’annuncio della Risurrezione durante la Veglia Pasquale. È un tempo per STARE con Gesù, come solo le donne nel Vangelo hanno saputo fare. È un tempo per sperare: «Sta’ in silenzio davanti al Signore, e spera in Lui» (Sal 36, 7)

Eccoti Signore, senza vita, tu che sei la vita. Il tuo corpo nudo, fatto dolore, ora ritorna, abbandonato, sul grembo della Madre. E la terra si è fatta silenzio, perché il Verbo adesso tace. È il silenzio che strozza il dolore, eppure è silenzio di speranza perché “già splendevano le luci del sabato” (Lc 24, 54b), perché -finita l’agonia- ora è tempo di togliere dal corpo i chiodi e dal capo le spine.

Ti contemplo, Signore, vita della mia vita; contemplo il prezzo della mia libertà, mentre sprofondo nella gratitudine guardando il mio peccato rimasto impotente.

“Ciò che ci fa credere è la croce”, dice Pascal…

ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce!

Una canzone da ascoltare


I.N.R.I. – Debora Vezzani

Ha senso solo così Perdonando proprio tutto Ha senso solo così Amando fino in fondo Ha senso solo così Anche quando hai tutti contro Ha senso solo così E ora io lo difendo

Io Non Ritorno Indietro Io Non Ritorno Indietro Da un Amore gigante così Io non posso tornare indietro Io Non Ritorno Indietro Io no che Non Ritorno Indietro Da un Amore gigante così Io resto appesa e non scendo Io non scendo

Ha senso solo così Rischiando proprio tutto Ha senso solo così Continuando fino in fondo Ha senso solo così Soprattutto quando hai il buio addosso Ha senso solo così E ora io lo difendo

Io Non Ritorno Indietro Io Non Ritorno Indietro Da un Amore gigante così Io non posso tornare indietro Io Non Ritorno Indietro Io no che Non Ritorno Indietro Da un Amore gigante così Io resto appesa e non scendo Io non scendo

È questa la natura del vero Amore l'operare da Dio la fermezza e il non ritirarsi mai È questa la natura del vero Amore l'operare da Dio la fermezza e il non ritirarsi mai A costo di qualunque Sacrificio Io Non Ritorno Indietro

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