Commento al Vangelo | Domenica 14/06/2020 - Rito Ambrosiano (Mt 5, 2. 43-48)
VANGELO Mt 5, 2. 43-48 ✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo In quel tempo. Il Signore Gesù si mise a parlare e insegnava alle folle dicendo: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Con questo brano, tocchiamo il centro del Vangelo!
Eppure, è scomoda questa Parola, mamma mia com’è scomoda!
Ma per quale razza di motivo mi è chiesto di amare il nemico? Non è sufficiente rispettarlo? Non è sufficiente “lasciarlo vivere”?
No. Perché il Padre ha solo figli, non ha nemici. E se io non amo il nemico, non amo il Padre che gli è padre.
Potremmo dire, parafrasando il grande Silvano Fausti, che se tu ami il nemico non fai un grande favore al nemico, fai un grande favore a te stesso. Tu, diventi figlio di Dio, perché diventi uguale al Padre: “Affinchè siate figli” dice Gesù in questo brano di Vangelo.
Ed è interessante anche un’altra sottolineatura: è ora di sfatare il falso mito per cui il male impedisce il bene. Non è vero! Il male fa uscire il bene maggiore, cioè mi rende simile a Dio, mi fa amare gratuitamente, da Dio, appunto.
Ed eccola la domanda inevitabile della di vita, di ogni vita: ma, allora, che cos’è l’amore? Che cosa vuol dire amare?
Rene Voillaume, sapientemente, ci dice che “l’unico problema della nostra vita è questo: imparare ad amare”.[1]
Proviamo ad addentrarci a piedi scalzi dentro al significato dell’amare. Ci dice Fausti:
Non basta l’amore del prossimo. Che cane non mangia cane è un detto popolare: anche i cani hanno l’amore del prossimo, anche le lamprede animali voracissimi, anche i cannibali vivono tranquilli con i cannibali, mangiano gli altri! Quindi l’amore del prossimo, l’amore del vicino è un bisogno fisiologico per la conservazione della specie […] e più o meno ce l’hanno tutti. Quindi può anche essere un semplice interesse che non ha nulla a che fare con l’amore. Può essere l’espressione necessaria dell’egoismo per conservare la specie e l’individuo. Cioè è una solidarietà contro, e normalmente noi confondiamo per amore questa solidarietà contro. È qualcosa che soddisfa i nostri bisogni […]. [2]
Per capire cosa sia l’amore, forse, ci conviene guardare con verità e schiettezza come siamo fatti: intendo dire che ogni persona desidera amare, questo è fuori discussione, poi ci capita spesso di confondere per amore il bisogno che noi abbiamo dell’altro, e cioè la soddisfazione che noi abbiamo dall’altro e, senza accorgercene, ci ritroviamo ad amare ciò che l’altro ci dà, ad amare noi stessi nell’altro e poi lo buttiamo via quando non ci dà più niente, o meglio quando non ci dà niente di ciò che ci aspettiamo per noi.
Ed ecco che crediamo che un amore finisca… non è che finisca, è che non è mai cominciato, l’amore, quello vero!
Invece l’amore, quello vero, quello da Dio, è un’altra cosa. È quello di Gesù sulla croce, è quello dei primi cristiani che hanno conquistato il mondo solo amando e testimoniando l’Amore. Siamo talmente abituati alla croce di Gesù e alle storie dei nostri primi fratelli nella fede, che non ci riempiono più il cuore di stupore. E invece no!
Amare “da Dio” ti fa diventare pienamente te stesso! E tu chi sei? Tu sei esattamente l’amore che Dio ha per te, la tua identità, la nostra identità, è l’amore che Dio ha per noi. Allora amare è una questione di identità, mica di egoismo. Io ti amo, perché non potrei fare diversamente, non amo il male che è in te, amo te, perché sono convinto che questo amore ha già vinto. Amare è un’esigenza per restare fedeli a noi stessi, a come Dio ci ha sognati. Amare il nemico significa riconoscere nell’altro ciò che veramente è, ciò che si cela dietro il male che compie o pensa. Amare il nemico è sfondare quella barriera che tenta di nascondere la vera identità di ciascuno.
Vuoi riconoscere Dio nell’altro? Sfonda la barriera di ciò che l’altro fa o dice o pensa, sii ostinato nell’amarlo e nel credere che colui che hai davanti non è identificabile col male che fa, ma la sua vera identità coincide con la tua: essere amato da Dio, essere figlio Suo.
Ecco perché l’amore, quello vero, è un comandamento! Perché non sempre ci viene spontaneo, ma sempre dobbiamo sceglierlo! Cosa dobbiamo scegliere? Di essere dei vuoti a perdere!
L’amore o è disinteressato, o non è amore; è interesse!
L’unico interesse concesso all’amore è il bene dell’altro. Ma infondo, il vantaggio è anche nostro: più amiamo così, più diventiamo simili al “più bello tra i figli dell’uomo”; e, dite, quale bellezza è più desiderabile del portare al mondo il Suo Volto?
Ah, tra parentesi... ci avete mai pensato che a volte, il nemico più grande siamo noi a noi stessi?!
...buona domenica!
Sr Chiara Papaleo FMA
[1] Voillaume R., Come loro. Nel cuore delle masse, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 1987, p. 307
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