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OMELIA NEL NATALE DEL SIGNORE

Ecco l'omelia del nostro parroco, don Antonio, nella S. Messa del 25 dicembre 2020.


Permettete che vi racconti quanto è bello deporre Gesù bambino nella mangiatoia, perché non è che mi capitava spesso gli altri anni. Essendo prete dell’oratorio, era mestiere del parroco e, adesso che mi è capitata questa disgrazia, tocca a me mettere Gesù nella mangiatoia, però è proprio bello!

Quanto è bello proprio accarezzare, baciare il bambino Gesù, il Figlio di Dio, il Figlio di Dio bambino, e deporlo nella mangiatoia, poi soprattutto quest’anno.


È come se Dio mi dicesse, e ce lo ha detto anche nelle letture che abbiamo appena ascoltato, “Guarda che è proprio per te! Non è per un altro, non è per la gente, non è una cosa che devi fare… è per te!”.

Ebbene sì, Dio ha pensato suo figlio per me, per te, per ciascuno di noi, nessuno escluso, con il proprio nome, con la propria storia, con i propri difetti, con la propria vita. Natale è proprio questo: Dio è per te. “Per voi è nato un bambino”, “Un bambino è per voi”, “Questa parola è detta per voi”.


E poi è un po’ come se Dio mi dicesse, e ce l’ha detto nelle letture: “Oh! Guarda che è un bambino! Stai attento! Ci vuole poco a fargli male! Basta essere un po’ distratto, anche solo un attimo è sufficiente per far danni” - ieri mi stava anche quasi scivolando – “basta avere mille cose per la testa, basta anche soltanto farlo un po’ velocemente, correndo come al solito avanti e indietro, basta un censimento qualsiasi”.

Ebbene sì, Dio ha pensato suo figlio, un bambino, e lo ha messo nelle mie mani, nelle nostre mani, perché impariamo a stare attenti, perché impariamo a non distrarci, fino a perderci nelle mille cose da fare e nei mille pensieri, che ci fanno dimenticare chi siamo, chi vogliamo diventare e dove andiamo.


Ed è un po’ come se Dio mi dicesse, e ce l’ha detto nelle letture oggi: “Guarda che è Dio! Guarda che è importante, guarda che vale, è la cosa più preziosa che ho! È la mia gloria!” - questo vuol dire in ebraico gloria, quello che vale quello che ha consistenza, quello che ha peso – “Ci vuole proprio poco per scordarsene, per metterlo in un angolo o in un cantuccio, o addirittura per farlo sparire, ci vuole poco, si tira via, si mette in cantina, chi se ne ricorda?! Fino all’anno prossimo…”

Si fa in fretta a far diventare poco importante, o addirittura invisibile, ciò che è davvero importante. Sapete come si fa? È semplicissimo! Basta farlo diventare normale, oppure scontato, che ci metterà anche poi poco a diventare inutile. Tu vuoi far diventare una cosa inutile? Rendila normale! Trasformala in scontata, ecco la ricetta dell’inutilità. Capita così a tutte le cose grandi, no?! L’amore, la verità, la fede, la fiducia, la speranza, l’onestà, la giustizia, la carità. Normale, scontata, inutile.

Ebbene sì, Dio ha pensato di regalarci ciò che è importante per lui, di mettere nelle nostre mani la sua gloria perché ci ricordassimo, soprattutto di questi tempi, nonostante questi tempi, e - mi vien da dire - a motivo di questi tempi, che cosa è veramente importante. Così non perdiamo tempo ed energie dietro a ciò che non serve proprio a nulla, oppure dietro a ciò che ci porta un po’ fuori strada; e che non ci capiti di dare, nonostante quello che ci è capitato, di dare poco valore a ciò che invece ne ha molto, e per di più, ironia della sorte, è a strettissima portata di mano (“Devo far natale solo con i miei!” …eh, magari!)


È come se, insomma, Dio mi dicesse: “Guarda che è mio figlio!” e lo facesse con tutto l’orgoglio che ha un padre e una madre quando lo dice: “È proprio mio figlio! guarda come mi somiglia!”

Mi è arrivata una foto di un bambino nato proprio ieri, e ho scritto alla mamma: “Ti somiglia! Sembri proprio tu!” e lei mi ha risposto: “E allora è proprio un bel bambino!”. Ma anche Dio fa così con suo figlio! “È bello come me!”, anche da grande non solo da piccolo. E non si vergogna né di dirlo né di metterlo nelle mie mani, questo bambino. Non si vergona di raccontare di suo figlio, lo farà mille volte quest’anno, quello che deve iniziare, giusto per ricordarci chi siamo e chi sarebbe bello che diventassimo: un po’ come lui.

Ma non si vergona nemmeno di metterlo nelle mie mani, e io francamente faccio fatica a capire con che coraggio lo faccia, anche tutte le volte che prendo fra le mani quel pezzettino di pane che poi diventerà il corpo di suo Figlio. Io gli dico: “Ma come fai a fidarti di me, Gesù?!”, ma poi smetto di parlare, lo guardo e mi viene una voglia infinita di baciarlo, di accarezzarlo, di deporlo nella mangiatoia, come Maria, e mi commuovo. Perché avere Dio così vicino, così paziente con me, con noi, è la più bella carezza che si possa ricevere, e il bello del Natale, sapete, è proprio questo: sapere che la carezza del figlio di Dio è proprio per me.


don Antonio Corvi Riproduzione riservata ©

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