Trascriviamo qui l'omelia del nostro parroco, don Antonio, tenuta in occasione della Messa di Mezzanotte. Prendetevi qualche minuto per leggerla. Ne vale la pena: è la carezza di Dio che ci raggiunge.
Ogni lettura di questa sera dice un dono – questa è la sera dei regali, no? – che ci fa Gesù Bambino. E allora li scartiamo insieme questi regali, anzi, lo ringraziamo. Io lo ringrazio, se volete lo fate con me.
Quindi ti dico grazie, Gesù, perché oggi ci regali luce. “Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore” (Is 2, 5). Grazie perché io, quest’anno più che mai, ho bisogno di luce, ho bisogno di capire, di vedere, di sapere il perché di tante cose che mi succedono, che ci sono capitate, che esistono e che ho. Ho bisogno di luce, di capire, di vedere, di sapere il perché delle mie ferite, delle mie fatiche, del dolore della gente, del male che c’è in me, di quello che c’è fuori di me. E tu, Gesù, vieni a illuminare la mia vita con la tua, le mie ferite con le tue, il male che c’è in me con quello che non hanno risparmiato neanche a te. Ma tu prendi tutto di me, non butti via niente, neanche il male; prendi tutto di me, di noi. E tutto di me, di noi, è importante per te. Per Te conta. Merita la tua vita, la tua nascita, la tua morte. Il bambino è proprio sotto la croce (ndr. Indica il presepe sul presbiterio, la cui culla è posta esattamente sotto la croce del ciborio), e quanto somiglia il Bambino Gesù al Crocifisso Gesù, sono nudi tutti e due, con un po’ di stracci sopra giusto per coprire quello che si deve, poggiano tutti e due sul legno, non sono certo stati accolti bene tutti e due. Forse, la differenza è che il Bambino Gesù non ha ancora le ferite che ha, invece, il crocifisso Gesù, e che si porterà sempre con sé.
E poi ci regali fiducia, la seconda lettura ha detto che noi siamo figli (cfr. Gal 4,4-6). I figli sono coloro che hanno la fiducia dei propri genitori, imparano a riceverla pian piano, come un dono prezioso. Io ho bisogno di fiducia, di un di più di fiducia. È facile perderla, la fiducia; più che negli altri, non ben definiti, è facile perderla – oggi – anche in sé stessi: nella gente, nel mondo, nella società, nel futuro, cose tutte – però – che non sono troppo distanti da me, che mi appartengono. E tu, Gesù, vieni a dirmi che io sono figlio, come lo sei anche tu; quindi, degno di stima come lo sei tu, degno di fiducia come l’hai ricevuta tu. Tu, Gesù, vieni a dirmi che sono stato voluto bene come sei stato voluto tu; perché tu vuoi che io abbia fede, cioè, intendiamoci bene, non soltanto che io creda in te, è troppo poco questo, ma che io sappia, più profondamente che tu credi in me, che tu ti fidi di me più di quanto io mi fido di te…e di me stesso.
E poi mi regali una casa. Perché un figlio sa di avere fiducia nel padre, di avere la fiducia dal padre. Un figlio sa che, se c’è un padre, c’è sempre una casa; cioè un luogo in cui le spalle sono coperte, protette, curate, un luogo senza sospetti, trame, complotti, doppi fini, doppie misure, malizie, fregatura. E tu, Gesù, vieni ad abitare in mezzo a noi, ci hai detto nel Vangelo (cfr. Gv 1, 14). Tecnicamente, sarebbe “mettere la tua tenda in mezzo a noi”, come il popolo di Israele: tutte le volte che si spostava, metteva la tenda in cui stava l’arca dell’alleanza e piantava le tende per abitarci. E tu, Gesù, vieni ad abitare in mezzo a noi perché noi possiamo abitare presso di te, perché noi possiamo essere con te! Meglio: perché tu possa abitare con noi, perché tu possa essere presso di noi, come tu abiti con il Padre, come tu sei con il Padre. Perché tu vuoi che io mi senta accolto, almeno da te, con tutto quello che ho, con tutto quello che sono, con tutto quello che abbiamo, con tutto quello che siamo, perché la casa siamo noi: cristiani che guardiamo tutti verso quel bambino. Come sarebbe bello sentirsi a casa, trovandosi anche fuori di qui, avendo la compiacenza di guardarsi negli occhi, di salutarsi, di riconoscersi, di ritrovare un po’ di buoni rapporti, di sano vicinato, di sana amicizia, che non è solo un affare degli adolescenti, ma è anche una cosa tanto desiderata dagli adulti e poco diffusa, ma molto cercata.
Allora buon Natale a te, Gesù, che mi fai questi regali.
Buon Natale a te, Gesù, bambino mio, e mio Signore.
Buon Natale a te, Gesù, figlio, come lo è ciascuno di noi, comunque.
Buon Natale a te, Gesù, fratello dolce di ciascuno di noi.
Don Antonio Corvi
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