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Penso che questo quadro ci possa aiutare anche questa domenica a capire un po’ che cosa sia successo quel giorno al pozzo di Giacobbe. E potremmo, giustamente, chiederci: “Chi è stato buon samaritano di chi?” e la risposta potrebbe anche essere ovvia: Gesù è stato buon samaritano per quella donna, come il buon samaritano è stato il buon samaritano per quel malcapitato. Ma perché Gesù è stato buon samaritano per quella donna? Per una cosa molto semplice che, però, cambia la vita delle persone e cambia anche le nostre giornate: per il semplice motivo che Gesù si è accorto di lei. E questo è stato un regalo incredibile, perché quando uno si accorge di te, la giornata cambia. Quando qualcuno si sente dire un “grazie” la giornata cambia. Quando uno ti riconosce quello che sei e quello che fai, la tua giornata si svolta, e forse un po’ anche la vita.
Tenete presente bene la situazione: avete notato quando la donna è andata al pozzo, avete visto che ora era? Mezzogiorno. Perché a mezzogiorno? Vi sembra l’ora di andare al pozzo? Si va al pozzo di mattina di solito, tutte le donne vanno di mattina al pozzo. Quando sono andato in Africa, in Cameroon, i bambini vanno al pozzo di mattina prima di andare a scuola. Fino ai 9 anni, i bambini con le loro taniche vanno al pozzo e poi tornano a casa e chi può va a scuola, e chi no va sui campi, perché al mattino è fresco, 42° all’ombra, non è che si va a mezzogiorno… se vai a mezzogiorno è perché ti vergogni! Ti vergogni della tua condizione e se vai quando vanno le altre, dopo c’è da dire, perché hai 5 mariti e quello con cui sei insieme non è neppure marito. Poi provate a pensare alla condizione della donna allora: non era che le donne lasciavano i mariti, era il contrario, soltanto i mariti potevano lasciare le donne, quindi questa… avete capito no?! Oltre al danno, anche la beffa di essere stata abbandonata 5 volte e adesso usata da un altro uomo. 6, il numero dell’imperfezione, come sempre ti mancasse qualcuno che ti dà qualcosa. Invece forse quel giorno lì, no. Perché quel giorno lì qualcuno si accorge di lei. Gesù è un dono per lei, è IL dono per lei. “Se tu conoscessi il dono di Dio…”, così come quel giorno il Samaritano è stato un dono per quell’uomo malcapitato, un dono più prezioso delle cose che portava: ormai c’è la cassetta vuota buttata lì, più prezioso dei suoi vestiti, più prezioso del suo lavoro (era una strada percorsa dai commercianti), ma quel giorno quell’uomo ha ricevuto un dono: il samaritano che passa e si accorge, si accorge!
Perché quando qualcuno si accorge di te, quello è un regalo, è un regalo! Ma vorrei anche far notare, più profondamente, che non solo Gesù è un dono per la Samaritana, permettetemi: anche la samaritana è un dono per Gesù. Perché, nonostante i discepoli che si preoccupano del cibo, di andare a mangiare… Gesù vuole incontrare il bisogno autentico delle persone e questa samaritana permette a Gesù di essere quello che è, cioè un dono, un regalo, un di più, gli permette di essere l’acqua viva, non semplicemente il Rabbì che non può neanche parlare con una donna. “Perché sta parlando con una donna?”, “Chi gli ha dato da mangiare?” vedete qual è il livello basso dei discepoli? Gesù aveva bisogno di una donna così, che gli aprisse il cuore, che gli permettesse di essere lui finalmente un regalo. Così come – e questo quadro ce lo fa vedere bene – anche quell’uomo malcapitato è un regalo per il buon samaritano. Guardate l’abbraccio: è vero che il buon samaritano fa la fatica di mettere il malcapitato sul cavallo, ma sembra quasi poi, da come avviene l’abbraccio, che ci guadagni di più il buon samaritano. Infatti questo quadro Van Gogh l’ha dipinto pochi mesi prima della morte, quando era solo e forse si aspettava, si chiedeva “Ma devo essere io buon samaritano per qualcuno o qualcuno potrebbe essere finalmente un buon samaritano per me? Mi potrà abbracciare qualcuno nella mia solitudine?”. Questo ci dice che se si vive nella dimensione del dono questa cosa fa la differenza, perché noi siamo un dono, ma perché Dio è un dono! E noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio e Dio è un dono! “Se tu conoscessi il dono di Dio” potremmo anche girarla così: “Se tu conoscessi che Dio è dono, se tu ti rendessi conto che Dio è dono, e non altro. Non è richiesta!”. Anche i comandamenti, guardate che non sono un’imposizione, tra l’altro nessuno purtroppo viene messo in galera per i comandamenti, mi verrebbe da dire. I comandamenti non sono un’imposizione, sono ciò che salvaguarda il fatto che Dio rimanga un dono e che il prossimo rimanga un dono. E i doni sono preziosi, non perché costano soldi, ma perché cambiano la vita delle persone. Dio è dono, e noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio. Vogliamo essere qualcuno? Vogliamo essere quello che Dio ha pensato per noi? Diventiamo dono! 7 volte ricorre il verbo “dare” in questo Vangelo, non sarà un caso. “Dammi da bere”, “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice ‘dammi da bere’, tu stessa gliene avresti chiesto e lui ti avrebbe dato…”, perché questo fa Dio: si dà. Cosa veniamo a vedere noi a Messa? Mica uno spettacolo straordinario, stratosferico… andiamo a vedere un pane che si offre, un po’ di parole che vengono offerte: “offerto in sacrificio per voi”. Offrire, questa è la nostra natura, e se noi non assecondiamo questa natura che ci ha iscritto dentro Dio con un colpo di pollice micidiale, rimarremo senza volto come quelli che non si sono accorti e sono andati oltre. Il nostro cuore rimarrà di pietra invece che riempirsi. Perché il nostro cuore è un contenitore e, quando troviamo qualcuno che si accorge di noi, ecco che si riempie. E questo vale, evidentemente, per noi e per qualsiasi prossimo che noi vediamo perché, secondo la teoria che si predica qui in chiesa, Dio è padre e tutti noi siamo figli e quindi tutti noi siamo fratelli? Prossimi? Cuori che hanno bisogno di essere riempiti? Gente che ha bisogno di qualcosa? Pardon, che desidera?
Perché soddisfare i bisogni veri, concreti, autentici, quello è giustizia. La carità è un di più. Infatti, i regali sono un di più, ma non monetario, un di più affettivo. Adesso noi li abbiamo un po’ maltrattati, nel senso che chiediamo: “cosa vuoi che ti regali?” e abbiamo già perso la poesia, il valore del regalo, e la gratuità del regalo e lì non è più un dono: sai già che cos’è. Ma quando tu fai una sorpresa, un dono, non c’è mica bisogno di spendere chissà che cosa eh, a volte basta un disegno, a volte basta un biglietto, a volte basta un grazie, a volte basta uno sguardo perché tu ti accorga. Veramente, abbiamo una potenzialità in mano, anzi, negli occhi, neanche il virus ce la tira via perché la mascherina non ci tira via gli occhi, però gli occhi ci permettono di accorgerci e di diventare qualcuno.
Perché, scusate il gioco di parole, uno diventa qualcuno quando è qualcuno per qualcun altro, altrimenti noi moriamo. “Se tu conoscessi il dono di Dio…” questo è il segreto che Gesù fa intuire alla samaritana non perché predica, ma perché si accorge di lei, tant’è vero che la donna quando va al suo paesello non è che racconta la storia dell’adorazione, del tempio di Gerusalemme, non racconta il catechismo ma: “Venite a vedere uno che mi ha detto tutto quello che ho fatto”, cioè “Venite a vedere uno che finalmente, dopo dei uomini, si è accorto di me e ha capito di che cosa avevo bisogno”. Questo è il nostro compito: vivere nella consapevolezza di essere un dono, perchè noi lo siamo strutturalmente, senza farci neanche -permettete- troppe menate (“Ah, io non sono capace, io non so…”) no, noi siamo un dono perché siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio che è dono. “Se tu conoscessi il dono che è Dio”.
Se noi viviamo nella dimensione di dono e riusciamo a donare quello che siamo, che è tempo, che è energia, che è sorriso, che è interesse, che è accorgersi, come cambierà il mondo, come cambierà la vita del nostro prossimo e quale volto bello finalmente assumeremo, proprio quello che Dio ha pensato per ciascuno di noi.
Don Antonio Corvi
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