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Venerdì Santo - Omelia

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Avrei tante domande da farti, Gesù, però io non so se oggi ho voglia di capire. Forse oggi ho più il desiderio di essere capito. Oggi vorrei tanto essere compreso e ho la percezione che tu oggi me lo voglia far percepire. Tu mi comprendi, tu mi capisci, Gesù, tu sai quello che mi passa per il cuore. Infatti, tu soffri. Tu, che sei Dio e potevi evitartelo, sai che cos’è il dolore, non ti è estraneo, ce l’hai addosso, sulla tua carne, segna il tuo corpo, nelle ferite, nel sangue che esce, nel respiro che ti manca, come a tanti nostri malati in questi tempi, e soprattutto nel cuore trafitto, in quel cuore aperto, lacerato, stropicciato, anche il tuo cuore soffre, Gesù, come il mio, come quello di tanti di noi, come quello di tanti uomini, forse di tutti gli uomini.


E poi tu taci. Tu, che sei la parola che si fa carne, tu che hai una parola per qualsiasi situazione, tu che dici e sai dire la parola giusta ad ogni persona… tu taci oggi, quando forse una parola ti avrebbe salvato, ti salverebbe, ti conforterebbe, ti farebbe conquistare anche un po’ di dignità. Anche tu, come me, come noi, non hai più parole e senti che le parole, a volte, sono proprio inutili, soprattutto quando dicono solo violenza, quando dicono solo male, quando dicono solo interesse e voglia di guadagnarci qualcosa, se non addirittura dicono invidia.


E poi sei giudicato, pardon, condannato, da una serie di pregiudizi, da una buona dose di malizia, da un sano opportunismo, da una bella ingiustizia, da qualcosa per cui non hai fatto niente, da due parole travisate, da quello che forse ferisce più di tutti: la menzogna, il tradimento, la doppiezza.


E anche tu sei stanco, vero Gesù? Stanco dei due, tre, quattro processi: il Sinedrio, Pilato, Erode, Pilato ancora. Stanco di non essere capito da chi ti dovrebbe voler bene, stanco di essere travisato da chi ti è più distante, stanco della distanza che si è venuta a creare di colpo tra te e la gente, quella che prima vedevi tutti i giorni, quella che solo una settimana fa ti osannava e ora invece è distante, gira la faccia, addirittura è nemica.


E anche tu ti arrabbi e urli Gesù, fai la voce grande - c’è scritto nel Vangelo – prima di morire, ti arrabbi perché c’è tanta ingiustizia e quando c’è ingiustizia uno si arrabbia! La vedi e non puoi tacere e non ce la fai più a non esprimere il tuo dissenso, la tua contrarietà; non dici una parola, urli! Lo fai anche con tuo Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.


E infine anche tu muori, Gesù. Il tuo cuore si rallenta, come il mio, come il nostro, non può non rallentare quando la solitudine e la distanza prendono il sopravvento, perché la solitudine e l’incomprensione fanno proprio morire, morire dentro.


E però, onestamente, devo anche riconoscere che tu soffri e non scappi. Hai il coraggio di guardare in faccia il male, con la forza dello sguardo con cui hai guardato Pietro stanotte e l’hai fatto piangere…ma che belle quelle lacrime.


Tu taci, e non maledici. Non dici parole cattive, non dici parole inutili, hai il coraggio di dire solo chi sei, anzi a dire il vero lo fai dire a chi ti interroga: “Tu lo dici”. Tu sei condannato e non fai la vittima né ti riempi di sensi di colpa. Sappiamo che tu hai il coraggio di riconoscere il peccato, hai il coraggio di separarlo dal peccatore, hai il coraggio di perdonare chi ti fa male e chi ti fa il male, hai il coraggio di perdonare chi ti fa male anche senza saperlo, forse senza averne coscienza quanto male ti stia facendo.


Tu sei stanco e non smetti, però, di cercare chi ti è vicino. Sappiamo noi che ti sei preso con te il ladrone che avevi lì di fianco; sappiamo noi che sei disceso fino agli inferi. Ieri ho letto una cosa bella che voglio proprio dirvi: sapete perché Gesù è disceso agli inferi? Per andare a cercare Giuda, per andare a riprenderselo, perché gli amici non si mollano, neanche quando ti tradiscono.


Ti sei arrabbiato e non smetti di voler bene. Hai il coraggio di amare comunque perché amare è "cercare il regno di Dio e la sua giustizia" che non è la nostra giustizia e nemmeno ciò che noi riteniamo giusto, ma è la misericordia.


Tu muori e, onestamente, e però non smetti di dare la vita. Infatti, non si dice che tu muori, ma si dice che hai consegnato lo Spirito. Tu hai il coraggio di dare lo Spirito. Tu sei stato consegnato da tanti ma forse è più vero che tu ti sei consegnato, che tu hai consegnato lo Spirito, che il Padre ti ha dato, a noi; non siamo stati noi a rubarti la vita.


E allora Gesù visto che mi comprendi, oggi ti chiedo ancora una cosa: aiutami a risorgere, aiutami a riprendere vita, perché è con te che io voglio ricominciare da capo, è con te che noi vogliamo rialzarci, è come te che noi vorremmo volere il bene, proprio come lo vuoi tu, anche a noi.


Don Antonio Corvi

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