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ORATORIO: CASA che diventa CHIESA.

Tra Festa della Famiglia e San Giovanni Bosco


Oratorio, casa e chiesa. Così potevi sentir dire di qualche baldo giovane qualche anno fa. Ora questa espressione è passata un po’ moda, non so nemmeno se si possa definire “vintage”. Penso però che avrebbe anche una sua validità qualora si provasse trasformarla così come dice il titolo: “Oratorio: Casa che diventa Chiesa”. Infatti:


l’Oratorio è bello quando diventa “CASA”, quando cioè uno ritrova quello “spirito”, quel “clima”, quelle “regole”, quel tipo di rapporti che uno trova in famiglia. Quei rapporti fatti di responsabilità e di servizio, di gratuità e di fedeltà, di pazienza e di sopportazione. Fatti - è questo è un “di più” dal valore immenso - anche e nonostante la diversità di età e di carattere, di ruolo e di storia, di amicizie e di personalità. “Casa” non è solo un luogo, casa è “famiglia”, spazio e tempo insieme che ci vengono off erti perchè impariamo ad amare e a trasformare il nostro voler bene in qualcosa di assolutamente bello e adulto allo stesso tempo. Bello, allora, quando l’Oratorio aiuta e insegna a voler bene “bene”, come ci ha insegnato Gesù. Bello quando l’oratorio diventa casa per chi fatica a trovarla nella propria storia. Bello quando una casa o una famiglia trova in oratorio una possibilità per voler bene anche ad altri e per imparare a voler bene insieme ad altri. Perchè è così che ci ha insegnato Gesù ed è così che sta in piedi un oratorio. Lo scorso anno, durante la S.Messa di S.Giovanni Bosco - prendendo spunto da una sua lettera - avevo chiesto quale parola potesse servire maggiormente al nostro oratorio. Una vinse su tutte: “familiarità” , appunto. Tra l’altro mi pare proprio che don Bosco dicesse: “questa è la mia casa”, guardando al suo oratorio...


l’Oratorio è bello quando diventa “CHIESA”, quando cioè si ricorda perchè esiste, perchè lo si fa, perchè è “oratorio”, cioè - etimologicamente - “luogo di preghiera”, luogo in cui si impara a vivere parlando con Dio. Proprio don Bosco mi pare che dicesse anche: “Diedi il nome di oratorio a questa casa per indicare ben chiaramente come la preghiera sia la sola potenza sulla quale dobbiamo fare assegnamento”. Bello infatti è l’oratorio quando parla di Gesù senza vergogna, quando porta a Gesù senza troppe mediazioni, quando fa vedere Gesù senza alcun filtro nella semplicità dei gesti, delle parole, dei riti. Bello quando la porta della cappellina si apre con naturalezza, anche solo per un saluto, una genuflessione, una chiacchieratina veloce con il Buon Dio. Bello quando si transita volentieri dal cortile alla cappella, da una scala all’eremo, dal bar al raduno per la preghiera... “senza soluzione di continuità”, senza troppe costruzioni, ma con semplicità, parola uscita anch’essa lo scorso anno durante la S. Messa di S. Giovanni Bosco. Ecco, auguro al nostro Oratorio di essere quello che dice una canzone che sentivo cantare tempo fa da alcuni ragazzi delle Scuole Salesiane:


Casa che accoglie, ti senti in famiglia

senti che ci stai bene!

Chiesa di Cristo, il nostro oratorio,

che ti parla di Dio!

Scuola che prepara a vivere questa nostra vita

Cortile dove incontrerai tanti nuovi amici troverai.


Chissà che pian pianino non si diventi proprio così... sarebbe proprio bello!


il vostro parroco don Antonio

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